Andrea Battistoni, Direttore Principale
E’ innegabile che Pietro Mascagni sia oggi uno di quei compositori ricordati dal grande pubblico per un unico lavoro, nello specifico quella Cavalleria Rusticana che contribuì a lanciare la sua carriera internazionale, ma il cui straordinario successo offuscò di fatto anni e anni di futuro sviluppo della sua arte creativa.
Mascagni è stato compositore famoso e celebrato in vita, ma un certo snobismo intellettuale della critica musicale non ha mai visto di buon occhio il suo lascito, e ha contribuito all’inesorabile scomparsa dalle scene di tutti i suoi lavori operistici maturi; il successo popolare ha invece mantenuto l’opera siciliana iniziatrice dello stile verista tra le più rappresentate al mondo, donando però agli amanti della musica un’immagine incompleta di questo grande musicista italiano.
Iris è certamente l’opera sua che merita più di tutte di uscire dal limbo nel quale è stata relegata, troppo numerosi i motivi di interesse che spingono ad approcciare e lasciarsi conquistare dalla sua originalità.
Pietro mascagni
Tratto distintivo di Mascagni fu sempre quello dell’intuizione: fu sempre capace di intercettare le mode e i gusti internazionali ben prima che si palesassero in Italia ed esplodessero come fenomeni di costume. Cavalleria dette infatti vita all’opera verista, filone fortunatissimo; Amico Fritz all’opera biedermeier di stampo borghese e idilliaco ben prima della sua affermazione nella penisola in qualsiasi campo artistico; Parisina interpretò l’estetismo D’Annunziano con efficace forza drammatica; Isabeau il recupero delle leggende medioevali.
The Japanese Women In
The Late Paris International Exhibition
Iris prese certamente le mosse da quell’Orientalismo e Giapponismo che aveva invaso negli anni ’70 dell’800 la capitale francese, l’Esposizione Universale e i salotti influenti, contagiando poi l’Europa con un’immagine del Giappone decisamente singolare.
Gli ukiyo-e, con i loro tratti immaginifici, i soggetti esotici, i costumi inusuali per l’Europa, le atmosfere fiabesche, erotiche, fantastiche contribuirono non poco a far entrare il Giappone nell’immaginario di scrittori e pittori del Vecchio Mondo, e divennero una nuova linfa che andava ad irrorare l’immaginario collettivo, già sfumato delle atmosfere notturne e seducenti del Simbolismo.
Giacomo Puccini
La prima Opera Italo-Giapponese, dunque; il paragone con Madama Butterfly, che vedrà la luce 5 anni più tardi, si impone con prepotenza. Questione mal posta, tuttavia; non si potrebbero immaginare due opere più diverse da confrontare.
Puccini , dall’esordio di Manon al Trittico, rimase essenzialmente fedele a sé stesso e alla propria poetica, senza sperimentare in maniera arrischiata: il suo gusto per un realismo drammatico e personaggi sfaccettati da disegnare psicologicamente in musica rimane immutato per anni. Bisognerà infatti aspettare Turandot per veder fiorire un’opera, purtroppo incompiuta, fiorita dai semi del Decadentismo, del mito e della fantasia simbolica.
Iris invece si colloca controcorrente rispetto al teatro italiano dell’epoca: al favore del pubblico per storie con protagonisti nei quali si può identificare, dal sapore quasi cinematografico, Mascagni oppone una vicenda sfacciatamente anti-teatrale, un intreccio senza colpi di scena drammatici, una protagonista smarrita e sfuggente al posto di un’eroina volitiva, e un contesto più che mai estraneo al teatro dell’opera come il misterioso Giappone.
Eppure questi elementi hanno eccitato la fantasia di Mascagni, stimolandolo a soluzioni ardite ed inedite. Siamo lontani dal tentativo pucciniano di ricreare una tinta locale attraverso l’uso di scale esatoniche o pentatoniche, la citazione di motivi autenticamente giapponesi e un ritratto, se non fedele, quanto meno realistico di usi e costumi nipponici.
Mascagni fa del Giappone una terra di sogno, ove il Simbolismo regna sovrano; i dipinti di Hokusai si animano davanti ai nostri occhi, ma governati dal potere dell’immaginazione di un europeo, più istintivo che colto, che ne ridisegna i tratti secondo il proprio gusto e la propria fantasia. La grande orchestra parla la lingua di Wagner e del tardo-romanticismo operistico, con un’attenzione alla fascinosità timbrica di una scrittura estremamente raffinata, debitrice dell’esempio francese e colorato, qui e là, dai suoni di alcuni strumenti esotici che Mascagni aveva avuto occasione di ascoltare presso la collezione privata di uno studioso fiorentino.
Tuned gongs
Gong intonati, percussioni del folklore giapponese e perfino uno shamisen fanno per la prima volta la loro comparsa in un teatro europeo (Puccini ne rimarrà colpito e se ne ricorderà in Butterfly e Turandot) contribuendo al senso generale di bizzarria e unicità di quest’opera.
I personaggi stessi appaiono come ombre, maschere, fantasmi, personificazioni di tratti dell’inconscio umano: il Cieco, Kyoto e Osaka sono solo fantocci che Mascagni, da maestro di Bunraku, governa come simbolo delle passioni avide, dell’egoismo e della cattiveria.
Iris si erge come eroina involontaria dell’opera, ma senza la femminilità ferina di Tosca o Santuzza, senza il pathos tragico di Cio-cio-san o Isabeau; Iris è un distillato di ingenuità e delicatezza, quell’eterea bellezza che Mascagni aveva probabilmente intravisto nei paraventi e nei disegni alla moda.
Non manca, infine, a rendere ancora più sfaccettato questo capolavoro controverso il lato più esuberante e sopra le righe del Mascagni più estroverso, che non ha remore nel fare della serenata di Jor una sorta di stornello italiano tra il Trovatore e la canzone napoletana, o dell’Aria della Piovra un aria verista da grande primadonna che trasuda torrido erotismo, tanto entusiasmante quanto vagamente inaspettata ed estranea al personaggio.
Un’opera sbilanciata e dimenticabile, dunque?
Tutt’altro; le sue apparenti pecche fanno parte del fascino irresistibile della scrittura mascagnana, cui potremmo affibbiare una nuova etichetta, quella di Eclettismo, per il quale ogni elemento, sia esso popolare, romantico, simbolico o d’effetto, è semplicemente una possibile tessera di un ampio mosaico, caratterizzato da colori accesi, vivissimi!
Riscoprirla ci da la possibilità di conoscere il vero capolavoro di Mascagni
I raffinati cultori dell’equilibrio estetico qui e là storceranno il naso, chi si aspetta una seconda Butterfly rimarrà deluso; tutti gli altri si lasceranno via via trasportare dall’incredibile talento di un compositore troppo spesso trascurato, oggi più che mai meritevole di una riscoperta a tutto tondo nel segno di un’irrefrenabile, irresistibile fantasia.
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Oct 20, 2016, Thu 19:00 start
Suntory Hall (Main Hall)
Andrea Battistoni, conductor / stage direction
Rachele Stanisci, Iris (soprano)
Francesco Anile, Osaka (tenor)
New National Theatre Chorus, chorus
Mascagni: Opera "Iris" (concert style opera)